Infortuni sul lavoro e sottovalutazione dei rischi

10/10/2021 - di Paolo Tagliaferri

Mentre scrivo, leggo dell’ulteriore immane tragedia che ha coinvolto due lavoratori nella giornata di giovedì 8 ottobre. Un lavoratore di 61 anni che ha perso la vita a Lavarone, in Trentino, precipitato da un ponteggio in un cantiere edile e un operaio che ad Andria, in Puglia, è morto precipitando in una vasca piena di mosto durante le operazioni di vinificazione. Il conto di morti sul lavoro è quotidiano e si ripete immutato da decenni. Tentare di individuare una soluzione alla complessa e drammatica realtà degli infortuni sul lavoro non è compito facile. Come per qualsiasi problema complesso, non esiste il colpo di bacchetta magica. Sono necessarie azioni risolute e coordinate per poter ottenere un risultato positivo, efficace e soprattutto duraturo. Gli eventi di queste ultime settimane possono apparire anomali, eccezionali, una vera e propria emergenza esplosa all’improvviso. Un susseguirsi incessante di eventi drammatici e di notizie di lutti che continuano a funestare le realtà lavorative più disparare e in tutte le regioni d’Italia, da nord a sud. Donne e uomini che si recano al lavoro e non ritornano più a casa. Una situazione tragica, paradossale, inaccettabile da qualsiasi punto la si guardi. Ma purtroppo quella attuale non è una condizione eccezionale. Le statistiche ci dicono, purtroppo, che il numero di morti sul lavoro e di infortuni più o meno gravi ripropongono orami da molti anni gli stessi numeri nefasti. Da oltre 10 anni abbiamo in Italia una media di circa 1.000 morti all'anno, comprensivi di infortuni in itinere, ovvero di quegli infortuni che avvengono nel tratto casa-lavoro, e di infortuni che avvengono sulle strade. Numeri oggettivamente alti, certamente non tollerabili e sicuramente meritevoli di interventi risoluti ed immediati, se necessario anche di tipo normativo e regolamentare. In questi giorni si parla di un decreto legge appositamente predisposto dal Governo, che vada ad intervenire tendenzialmente su tre fronti: inasprimento delle pene, sospensione delle attività produttive nei casi di particolare pericolo o mancato e grave rispetto delle norme antinfortunistiche ed infine la creazione di una banca dati nazionale sugli infortuni sul lavoro. Interventi forse necessari ma che da soli potrebbero non essere sufficienti. Come è noto in Italia abbiamo già una normativa per molti versi avanzata, completa e ben strutturata, per quanto spesso accusata di creare eccessivi atti di mera natura burocratica penalizzando i reali interventi di carattere previdenziale. L’inasprimento delle sanzioni potrebbe essere un deterrente ma non dobbiamo dimenticare che il Testo unico sulla sicurezza, il D.Lgs. 81/08, già prevede innumerevoli sanzioni sia di carattere penale che amministrativo e che in caso di infortunio mortale o grave trovano comunque applicazione gli art.589 e 590 del codice penale relativi al reato di omicidio colposo e di lesioni colpose. Stabilire se l’attuale livello sanzionatorio sia congruo ed adeguato non è semplice e probabilmente meriterebbe di ulteriori approfondimenti ed analisi da parte del legislatore. Riguardo alla sospensione delle attività produttive, vale la pena ricordare che già l’Art.14 del citato D.Lgs. 81/08 e il collegato Allegato 1, prevede la possibilità, nel caso di gravi violazioni, dell’adozione di un provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale. Infine, parlando di banche dati ed elaborazioni statistiche di tutti gli infortuni sul lavoro, come dimenticare che l’INAIL già analizza periodicamente l’andamento e la gravità del fenomeno, pubblicando anche specifici e dettagliati report in cui sono analizzati tutti gli infortuni. Questo non significa che l’intervento normativo che il Governo si appresta ad emanare sia da ritenete non necessario. E solo che si potrebbe rischiare di non indirizzare l’attenzione alle reali cause del fenomeno, rimanendo solo alla superficie del problema. Da sempre, in settori particolare a rischio e in realtà certamente diverse come ad esempio la gestione di una centrale nucleare o di una portaerei, le norme di sicurezza hanno seguito un adattamento e un incremento basato sulla reale esperienza. Gli eventi avversi, gli incidenti e le tragedie, sono sempre stati la base di un approfondito studio e di una attenta rivalutazione delle procedure di sicurezza al fine di evitare che un evento avverso che si è già concretizzato possa in futuro riaccadere. E’ solo attraverso l'analisi competente e direi scientifica degli eventi che si possono porre in atto le necessarie azioni correttive. Ma purtroppo, quando si parla di infortuni su lavoro, dobbiamo da decenni imbatterci nella stessa tipologia di eventi che si ripetono in maniera incessante, continuativa, senza che si riesca a porre la parola fine ad un certo tipo di fenomeno. Cadute dall'alto, intrappolamenti in macchinari, asfissia in ambienti inquinati, investimenti. Sempre le stesse cause da decenni. Il problema di base è che vi è una costante ed inspiegabile tendenza a sottovalutare il rischio, a ritenere remota o estremamente improbabile la possibilità che un determinato pericolo possa concretizzarsi, determinando un grave danno per il lavoratore. Vengono ancora troppo spesso sottovalutati i rischi di cadere dall'alto, il rischio di essere intossicati o asfissiati, il rischio che un trattore si possa ribaltare schiacciando sotto il proprio peso lo sfortunato conducente. Si sottovaluta il rischio di essere investiti da autoveicoli in transito o in manovra e si sottovaluta ancora e in maniera incosciente il rischio di operare con macchinari ed impianti pericolosi dotati cioè di enorme energia meccanica che ne consente il funzionamento. I pericoli sono molto spesso ben conosciuti. Chiunque sa, ad esempio, che salire sopra un ponteggio o sopra la copertura di un edificio, rappresenta in sé un pericolo. Ma troppo spesso si sottovaluta il rischio che una manovra errata, un semplice ed accidentale scivolamento oppure il cedimento di un elemento strutturale, posso concretizzate quel pericolo, ovvero la caduta dall’alto dell’operatore. Dunque qualsiasi intervento correttivo di carattere normativo e che possa migliorare le condizioni di salute sicurezza deve essere sempre salutato con soddisfazione da chiunque. Non certo interventi che si concretizzino in atti puramente formali o burocratici; di quelli non ce n'è di certo bisogno, ma interventi che vadano realmente ad incidere sulle cause che determinano gli infortuni. Gli operatori devono essere formati e addestrati e non solo a conoscere le modalità di lavoro, ma devono conoscere i rischi a cui sono quotidianamente esposti. Formazione dei lavoratori non come mera riproposizione di concetti astratti, di nozioni e concetti stesso teorici e non immedesimati nella realtà della propria attività o mansione, ma formazione mirata e specifica ai rischi che il lavoratore può incontrare nella propria attività quotidiana, su come affrontarli e su quali misure di prevenzione mettere in atto. Formazione e sensibilizzazione di tutti i soggetti che hanno un ruolo in ogni realtà lavorativa e che possono avere un impatto attivo nella possibilità che un determinato evento possa concretizzarsi. Si tratta di non sottovalutare mai i rischi, di non considerare un evento avverso un qualcosa che può avvenire solo in casi sporadici. L'azione degli enti di controllo è indispensabile ma non possiamo pensare che le ispezioni e la vigilanza possano da sole risolvere una grave carenza culturale che ancora affligge il nostro Paese. La sicurezza sul lavoro deve essere il primo pensiero di ogni imprenditore; non vi può essere sviluppo o prosperità se i tuoi collaboratori rischiano la vita. Dunque mai più salire ed operare su tetto o in qualsiasi altra situazione in quota in assenza di parapetti o senza impiegare imbracature anticaduta e senza previa ed attenta verifica che il piano di calpestio abbia una portata adeguata al peso da sopportare. Mai più operare sulla sommità di una scala portatile a 3 o 4 metri di altezza come se fosse la cosa più naturale del mondo o utilizzare le piattaforme aeree senza mantenersi imbracati. Mai più montare o smontare un ponteggio senza imbracature anticaduta. Mai più rimuovere protezioni, schermi e sistemi di sicurezza su macchinari soprattutto se complessi e che hanno un potenziale di pericolo intrinseco elevato, manometterli o eluderli perché ritenuti superflui, di ostacolo al lavoro o ancor peggio non necessari. Mai più utilizzare un trattore senza la struttura antiribaltamento e senza allacciarsi la cintura di sicurezza come se si trattasse di andare a fare una scampagnata. Mai più accedere ad un qualsiasi ambiente che possa anche minimamente nascondere un pericolo di asfissia o la presenza di una esalazione o di un gas tossico, effettuando sempre preliminari verifiche strumentali delle condizioni interne, organizzando la squadra di lavoro e i mezzi idonei per l’eventuale soccorso in sicurezza. Mai più attività all'interno di scavi di trincea senza provvedere preliminarmente alla armatura e al consolidamento delle pareti di scavo in tutte quelle situazioni in cui lo scavo presenta una profondità oltre il metro e mezzo. Purtroppo la realtà, ogni giorno, ci ricorda che i rischi sono concreti, onnipresenti e aimè capaci di determinare danni irreparabili. Non dobbiamo mai sottovalutarli. La sicurezza deve essere sempre al centro ed attualmente non è così.

Ultimi commenti

11.11 | 09:51

Sono trent'anni che mi occupo di sicurezza sul lavoro e credimi ne ho viste di tutti i colori! Un salutone super divulgatore !!!! Ciao Paolo

11.11 | 09:45

Ciao Paolo non sapevo che avessi oltre alla passione per la scrittura anche questo sito/blog. Tanti tanti complimenti hai una bella scrittura ed affronti un tema non facile. Ciao Marco

06.03 | 05:36

Ciao Paolo buongiorno! Si vede che sei la bella persona che conosco, aperta e attenta ai bisogni altrui. Mi riconosco in questo scritto ma c'è molto di più!

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