Alex Schwazer e la lunga strada per la riabilitazione

23/02/2021 - di Paolo Tagliaferri

E’ sempre difficile, per un profano, tentare di commentare una sentenza, qualsiasi sia. Anzi, nella maggior parte dei casi si rischia di cadere in errore e di peccare di presunzione. Di una sentenza si dovrebbero leggere tutti gli incartamenti, le testimonianze e la documentazione probatoria o almeno, nella loro interezza, le motivazioni che hanno indotto un Giudice a indirizzare le proprie convinzioni e la propria decisione finale. Nell’ordinamento italiano esiste questo strumento, sconosciuto in altri paesi prevalentemente anglosassoni, che impedisce che una sentenza si possa limitare alla sola parola “colpevole” o “non colpevole” (verdetto). Dalle notizie che si susseguono in queste ultime ore non sembra che la vicenda sportiva di Alex Schwazer possa considerarsi definitivamente archiviata. L’ex marciatore di Vipiteno, già medaglia d’oro nella 50 km di marcia alle Olimpiadi di Pechino del 2008 e squalificato per doping per 4 anni fra il 2012 e il 2016, si è visto riconosciuta la propria estraneità dal Tribunale di Bolzano per non aver commesso il fatto, nel procedimento penale a suo carico in relazione ai fatti del 2016 in cui gli veniva contestato l’uso di sostanze vietate (positivo ad un controllo anti-doping). Da qui era nata la nuova squalifica di otto anni, fino al 2024, tutt’ora valevole salvo nuovi pronunciamenti degli enti internazionali preposti a tale compito. La stampa riferisce che sono ben 87 le pagine di motivazioni della sentenza sul caso Alex Schwazer. Oltre ad archiviare la sua posizione, pare che faccia considerazioni estremamente gravi nei confronti di altre entità. In un mondo perfetto il doping non esisterebbe o sarebbe al più una irrilevante eccezione. Lo sport, sia come attività amatoriale ma soprattutto agonistica, dovrebbe essere incentrato unicamente sulle proprie forze, sul proprio talento e sulla propria esclusiva perseveranza e passione, senza che sostanze chimiche o farmaci vadano a falsare le prestazioni, le vittorie e il successo. Ma purtroppo la piaga dell’uso di sostanze dopanti è ancora molto presente in tutto il mondo sportivo e, per quanto si cerchi di porvi rimedio o arginare il fenomeno, la via per risolvere questo problema è ancora un miraggio. Ci sono sport che, più di altri, sono ormai da molti anni al centro dell’attenzione. Sport di fatica, di resistenza, di forza, dove la scorciatoia dell’uso di sostanze permetterebbe al nostro corpo di superare i confini imposta dalla nostra stessa natura, accorciando i tempi di recupero, aumentano la massa muscolare e determinando prestazioni impensabili, portandoci all’illusione che tutto possa essere possibile e che tutto sia lecito pur di arrivare al successo. Molti, probabilmente, riterrebbero giusto che le squalifiche per doping debbano essere sempre definitive ed inappellabili. Chi ha sbagliato una volta, chi ha eluso, truffato ed ingannato, non dovrebbe essere più ammesso a gareggiare. Non solo per paura che l’interessato possa nuovamente ricadere in errore, ma più semplicemente come pena perenne, come una macchia indelebile che non ne consenta mai la riammissione. Ma anche nella giustizia sportiva, oltre che in quella penale, deve essere sempre salvaguardato il principio giuridico che regola la disciplina di uno stato di diritto ovvero che la pena irrogata debba essere proporzionata al reato o all’illecito, che debba necessariamente tenere conto della gravità dello stesso e che la sanzione abbia certamente funzione punitiva ma che possa comunque garantire la riabilitazione. La vicenda di Alex Schwazer non si allontana in fondo da qualsiasi altra situazione che possa coinvolgere un comune cittadino, in qualsiasi parte del mondo, che si sente accusato di qualcosa di cui è certo di non aver commesso. La giustizia penale, sportiva, civile e di qualsiasi altra natura, ha il compito e l’aspirazione irrinunciabile di ristabilire sempre la verità. Deve cercarla e scovarla, sempre e comunque. Anche se nascosta e apparentemente irrangiungibile nessuno sforzo può ritenersi superfluo se può garantire, in tempi ragionevoli e certi, che giustizia sia fatta al di là dei meccanismi, della burocrazia, della prassi o dei tecnicismi. La federazione internazionale sembra al momento escludere per Alex Schwazer qualsiasi ripensamento, confermando il 2024 come data di fine pena sportiva, facendo forse tramontare per l’atleta qualsiasi speranza di una sua eventuale partecipazione ai prossimi giochi olimpici di Tokyo, se mai si svolgeranno, visto il perdurare della gravissima pandemia Covid-19. Visto il positivo pronunciamento del Tribunale di Bolzano, non resta che attendere fiduciosi che anche a livello internazionale e sportivo sia rivalutata con attenzione la posizione dell’atleta di Vipiteno. Se vi sono stati errori è giusto che siano riconosciuti e corretti.

Ultimi commenti

11.11 | 09:51

Sono trent'anni che mi occupo di sicurezza sul lavoro e credimi ne ho viste di tutti i colori! Un salutone super divulgatore !!!! Ciao Paolo

11.11 | 09:45

Ciao Paolo non sapevo che avessi oltre alla passione per la scrittura anche questo sito/blog. Tanti tanti complimenti hai una bella scrittura ed affronti un tema non facile. Ciao Marco

06.03 | 05:36

Ciao Paolo buongiorno! Si vede che sei la bella persona che conosco, aperta e attenta ai bisogni altrui. Mi riconosco in questo scritto ma c'è molto di più!

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